Da adulti instauriamo legami che somigliano, nella loro struttura, a quelli di cui abbiamo fatto esperienza da piccoli.
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“L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”
(J. Bowlby)
È grazie alla teoria dell’attaccamento che possiamo spiegare come un uomo, arrivato all’età adulta, organizzi la propria vita affettiva di coppia in funzione dei passati legami di attaccamento, mettendo in luce il ruolo che le relazioni della prima infanzia con le figure genitoriali possono avere nel predire il futuro successo di una relazione di coppia.
Il legame di attaccamento risponde al bisogno di sentirsi amato, protetto e rassicurato.
È proprio l’attaccamento il filo che tiene unita una coppia e che porta i partner a sentirsi soddisfatti e amati nella loro relazione. Riconoscere il nostro modello di attaccamento può aiutarci a comprendere i nostri punti di forza ed eventuali vulnerabilità in una relazione.
Hazan e Shaver affermano che l’innamoramento è un processo d’attaccamento che viene vissuto dagli individui in maniera differente, a causa delle loro storie di attaccamento con le proprie figure genitoriali. Con la crescita, l’attaccamento che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un caregiver di riferimento, si modifica e si estende ad altre figure. Nell’adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario e legarsi a nuove figure di attaccamento. Fondamentale è essere consapevoli della propria storia di attaccamento in quanto, da adulti, si tende ad instaurare legami che somigliano, nella loro struttura, a quelli di cui si è fatta esperienza da piccoli.
Nello specifico, chi da bambino ha sperimentato un attaccamento sicuro, da adulto è in grado di riconoscere negli altri espressioni e comportamenti che segnalino attrazione o rifiuto, scegliendo così partner che dimostrino interesse senza equivoci. La persona con un attaccamento sicuro sceglie un partner che è in grado di condividere successi, felicità ma anche momenti più difficili instaurando così una relazione duratura e stabile. La persona svilupperà quindi un legame basato sulla fiducia reciproca e considererà il partner come degno d’amore e sé stesso come degno di essere amato. Gli adulti sicuri sono capaci di offrire supporto emotivo quando il loro partner si sente afflitto e sono altrettanto capaci di chiederlo nei momenti di difficoltà. I partner con uno stile di attaccamento sicuro mettono impegno per raggiungere soddisfacenti livelli di comunicazione verbale, reciproca discussione e comprensione e sono meno inclini all’utilizzo di aggressività verbale.
Un bambino che ha sperimentato un attaccamento di tipo insicuro-evitante, è entrato in contatto con un caregiver (madre o padre) pronto a negare il suo affetto e a rompere la relazione in qualunque momento. Ne consegue un modello mentale del sé come persona indegna di essere amata, che deve contare solo su di sé, e imparare a non aspettarsi nulla di buono dagli altri. Chi ha uno stile di attaccamento evitante ha imparato che le emozioni non vanno espresse al fine di salvaguardare la relazione, poiché l’altro è infastidito dalle nostre “debolezze”. Questo innesca un forte timore circa l’intimità e la tendenza a non parlare dei propri vissuti, trincerandosi in un atteggiamento difensivo di chiusura. Ecco che la corazza di queste persone pare inscalfibile, il loro mondo interno è tenuto nascosto anche alle persone più vicine. Tali persone tendono a porre confini e limitare la relazione proprio nel momento in cui il legame si fa più stretto e intimo. Preferiscono rapporti più superficiali e brevi proprio per evitare di attivare il sistema di attaccamento. Il ragionamento implicito è il seguente: “se tengo le persone a distanza, non potranno deludermi; se non mi affeziono, non potrò essere ferito”. Chi presenta uno stile di attaccamento evitante fatica a sintonizzarsi sui bisogni del partner; se l’altro è in difficoltà, risulta per loro difficile trovare modi efficaci per fornire supporto emotivo. Del resto non hanno potuto sperimentare la vicinanza e l’accoglienza in prima persona, quando erano loro ad avere bisogno. Tendono dunque a minimizzare i problemi del partner o a non curarsene, dirigendo l’attenzione altrove.
Un attaccamento di tipo ambivalente, prevede il contatto con un caregiver imprevedibile e poco disponibile. Il bambino che sperimenta una relazione di questo tipo sviluppa modelli di sé come di una persona da amare in maniera discontinua. Ne consegue che all’interno di una relazione d’amore, quando a prevalere saranno i modelli positivi del sé, come persona amabile, penserà di essere amato e rispettato dal partner. Quando invece a prevalere saranno i modelli negativi del sé, come persona vulnerabile e non degna di amore, allora sarà travolto dalla gelosia più drammatica, originando una relazione ossessiva, possessiva e autoritaria.La possibilità di amare in una dimensione serena non viene assolutamente riconosciuta, in quanto per lui l’amore non è “quello”, ma lo riconosce solo se appare come travolgente e dalle note drammatiche. Per cui, più un amore genera sofferenza più può definirsi tale. Questo tipo di attaccamento definisce un legame in cui c’è un grande desiderio di intimità con il partner, ma al tempo stesso sussiste una profonda paura di perderlo. La persona, di fatto, interpreta così molti comportamenti che in realtà non indicano allontanamento o rifiuto. Vivendo ogni situazione in questo modo, prevale una grande sfiducia nei confronti del partner e di tutto ciò che lo riguarda.
Il bambino che invece sperimenta un attaccamento disorganizzato è entrato in contatto con un caregiver incapace di elaborare un lutto o gravi eventi traumatici quali maltrattamenti, abusi, trascuratezza, malattia e quindi immerso in un doloroso mondo interiore. In amore, questi soggetti, prediligono partner inaffidabili, lasciandosi coinvolgere in relazioni distruttive con persone violente e aggressive, le cui modalità comunicative sono svalutanti e umilianti. Le persone che presentano una disorganizzazione dell’attaccamento possiedono una rappresentazione frammentata e incoerente di sé e dell’altro:
l’altro è colui che può mostrarmi affetto e che può proteggermi, è il “salvatore”, ma al contempo è colui che mi spaventa, ovvero il “persecutore” o che pare estremamente spaventato da me, dunque l’altro è anche “vittima”;
Io sono in pericolo, impotente, “vittima”, e anche cattivo e colpevole, perché spavento o genero reazioni emotive travolgenti di rabbia o paura nel mio caregiver, dunque sono anche “persecutore”. Inoltre, io posso anche costituirmi come “salvatore” quando cerco di farmi carico dei vissuti emotivi pervasivi del mio caregiver.
Analizzando quanto emerso dagli studi di Hazan e Shaver si ritiene che le relazioni adulte siano influenzate dall’incontro delle strategie di regolazione delle emozioni desunte dalla storia personale dei due partner e che particolare importanza debba essere data al modo in cui i modelli rappresentazionali dei partner si incastrano tra loro.
Il modello d’attaccamento sarebbe quindi una variabile che incide sulla qualità della relazione di coppia, un filtro tra la percezione non solo di sé e dell’altro, ma anche della relazione in quanto tale.
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La psicoterapia di coppia permette di prestare attenzione all’attaccamento per facilitare la risoluzione dei conflitti e ridurre lo stress che deriva dai questi. Inoltre, lavora sui modelli operativi interni di sé e degli altri aiutando la coppia a costruire una base sicura per entrambi.
Non aver introiettato un senso di sicurezza relazionale nei primi anni di vita non significa non poter curare le proprie ferite, arrivando a modificare i propri modelli operativi interni. Nel corso della psicoterapia, l’esplorazione dei primi legami di attaccamento è molto importante, permette di individuare eventuali pattern comportamentali che si sono perpetuati nel corso della nostra storia, imprigionandoci in dinamiche dolorose. In psicoterapia si comprende come certe risonanze del passato non riguardino più il qui ed ora, che diviene uno spazio nuovo in cui poter sviluppare una nuova comprensione di noi stessi e degli altri.
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